Avvocato Domenico Esposito
 

 

IL RISCHIO NON PUO' ESSERE A CARICO DI UNA SOLA PARTE

In questa sentenza si descrive il caso di una investitore che stipula 4 successivi contratti di investimento a condizioni sempre peggiorative, con consistente perdita di denaro.
La banca ha stipulato i contratti con lo scopo dichiarato di copertura e di equilibrio del rischio del cliente, mentre si trattava in realtà di operazioni finanziarie puramente speculative, in cui il guadagno del cliente non poteva realizzarsi.
L'interesse del cliente deve costituire il punto di riferimento dell'attività professionale dell'intermediario finanziario
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N. R.G. 4239/2009

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI RAVENNA
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonella Allegra ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4239/2009 promossa da:

(…) SNC ORA FALLIMENTO (…) SNC , con il patrocinio dell'avv. (…), elettivamente domiciliato nel suo studio in (…)

ATTRICE

contro

BANCA (…) , con il patrocinio dell'avv. (…), elettivamente domiciliato presso di lui, nello studio dell'avv. (…);

(…), con il patrocinio dell'avv. (…), elettivamente domiciliato presso di lui, nello studio (…)

CONVENUTI

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni.

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione ritualmente notificato il 30 settembre e il 14 ottobre 2009 la società (…) s.n.c. ha evocato in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Banca (…) e (…), per sentire dichiarare la nullità ovvero l'annullamento o la risoluzione per inadempimento della banca convenuta o ancora l'invalidità o l'inefficacia per estraneità all'oggetto sociale di tutti i contratti di intermediazione finanziaria e dei singoli contratti esecutivi di interest rate swap conclusi dalla società attrice con l'intermediazione e su sollecitazione della banca convenuta e in particolare del suo funzionario dott. (…) e per sentire altresì condannare la banca convenuta a rimborsarle ai sensi dell'art. 2033 c.c. tutte le somme pagate per le periodiche liquidazioni o comunque per l'esecuzione e l'estinzione anticipata dei contrai di interest rate swap suddetti al netto di eventuali accrediti, quantificando indicativamente tale soma in euro 305.471,64, ed entrambi i convenuti in solido a tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa di tali contratti, da considerarsi tutti collegati.

L'attrice ha lamentato in particolare di essere stata convinta a sottoscrivere in data 8 novembre 2011 un contratto appunto di interest rate swap (IRS 102979) che prevedeva l'applicazione a carico di ciascuna parte di contrapposti tassi di interesse, da calcolarsi su di un nozionale di euro 1.549.371, per una durata prevista dal 31 dicembre 2001 al 31 dicembre 2006 allo scopo dichiarato di creare una copertura  assicurativa del rischio di aumento dei tassi d i interesse variabili applicati sulla complessiva esposizione finanziaria della società attrice nei confronti del sistema bancario, sulla base delle previsioni specialistiche sul futuro andamento dei tassi di interessi (appunto la cosiddetta curva dei tassi forward) realizzabili soltanto da investitori istituzionali quali le banche sulla base di programmi e abbonamenti a network solo a loro accessibili, ma che la banca aveva invece strutturato un prodotto finanziario con parametri completamente diversi da quelli corrispondenti all'esigenza di copertura evidenziata, con funzione puramente speculativa e assolutamente inadeguata alle caratteristiche di esperienza e al rischio del cliente (società di persone operante nel settore dei trasporti, assolutamente priva di precedenti esperienze in contratti derivati o altri strumenti finanziari ad elevato livello di rischio) e in contrasto con l'art. 31 del TUF.

Invero, deduceva l'attrice, subito dopo la conclusione del primo contratto, la società aveva iniziato a subire anomali flussi finanziari in addebito e per questo la banca, prospettando la necessità di migliorare i parametri del contratto, la induceva in data 10 febbraio 2003 a negoziare un secondo contratto di interest rate swap denominato Purple Collar 151863, che effettivamente estingueva il precedente rapporto in derivati, ma comportava un evidente peggioramento della posizione del cliente, aumentando il rischio a suo carico e il nozionale (ossia l'importo su cui applicare i tassi), sicchè poco tempo dopo (il 9 settembre 2003) si rendeva necessario concludere un terzo contratto di interest rate -swap, denominato Purple Collar 171384, anch'esso falsamente migliorativo, sia per i tassi elevatissimi, sia per il fatto che vincolava il cliente per un periodo di tempo più lungo del precedente.

Lamentava la società che da ultimo, in data 29 giugno 2004 essa veniva indotta a concludere un quarto contratto di interest rate swap, oltretutto in lingua inglese; denominato Fixed Rate Range Accrual Swap Transaction n. K15861M552296, e alla realizzazione di un'operazione assai più complessa, che comportava l'estinzione anticipata del rapporto in derivati, con l'esborso di 206.000 euro, la conclusione di un nuovo contratto con pagamento di un "up front" (anticipazione) di ben 115.000 euro, con una perdita netta di 305.471,64 euro.

Contestava quindi la contrarietà della condotta della banca ai doveri di trasparenza e diligenza nella negoziazione sanciti dall'art. 31, comma 2 del regolamento CONSOB 1152/98 e delle successive regole e comunque la violazione degli artt. 21 e ss del TU sulla finanza, lamentando in ogni caso l'abuso degli strumenti derivati.
Si sono costituiti separatamente entrambi i convenuti, contestando la domanda attorea e chiedendone il rigetto.

In particolare il (…) rilevava di aver sempre operato nel rispetto delle nonne di legge e delle direttive della banca, nonché di aver agito con diligenza e correttezza nei confronti del cliente, puntualizzando di aver curato unicamente la sottoscrizione del primo contratto 1RS e di essere assolutamente estraneo a tre delle quattro operazioni oggetto delle doglianze avversarie, eccependo comunque di non poteva essere qualificato alla stregua di "intermediario", figura che si identificava nella persona giuridica (la banca) e non in quella fisica del dipendente, per il quale valeva il principio di cui all'art. 2049 c.c.

Entrambi i convenuti deducevano che la società attrice presentava una posizione debitoria "completa" con debiti sia a breve termine che a scadenza e che per sua stessa affermazione si sentiva esposta al richiesto di aumento dei tassi di interesse passivi e negavano di aver mai imposto alcun derivato quale condizione per la concessione di una nuova linea di credito chiarendo che soltanto per contiguità temporale e per evitare i costi di una doppia istruttoria le due linee di credito (elevazione dell'affidamento per auto liquidante e concessione di linea di fido per contratto swap).

Affermavano piuttosto che l'operazione in derivati era stata posta in essere con formalità di copertura, come espressamente indicato all'art 16 del contratto, e che le condizioni pattuite avevano una logica se inserite e valutate nel contesto complessivo della situazione finanziaria dell'impresa: nello specifico la società Della Valle aveva pagato nei primi mesi circa 4.500 euro trimestrali (cioè poco più di 1.500 euro al mese) per avere la tranquillità di una copertura dall'aumento dei tassi oltre il 4,57%).

Contestavano quindi tutte le tesi prospettate dall'attrice, in ordine alla nullità per assenza di causa, risoluzione per consegna di aliud pro alio, inefficacia per esorbitanza dall'oggetto sociale, violazione delle norme prescrittive dei doveri di trasparenza e diligenza, annullabilità eccependo la prescrizione di tali domande.

Inoltre contestavano che, una volta sottoscritta la relativa dichiarazione da entrambi i soci in ordine alla sussistenza della qualifica di operatore qualificato della società (art 16) quest'ultima potesse i n seguito negarla, tanto più che mai nessuna contestazione, prima dell'instaurazione del giudizio, vi era stata da parte della (…) s.n.c.

In corso di causa la società attrice è stata dichiarata fallita e il giudizio è stato proseguito dal Fallimento, costituitosi in suo luogo.

All'esito dell'istruttoria espletata con l'escussione di alcuni testi e l'espletamento di una CTU volta ad accertare l'esatta tipologia dei derivati in questione e il concreto atteggiarsi dei rapporti fra le parti e delle operazioni succedutesi, la domanda attorea risulta meritevole di accoglimento.

Com'è noto, la pratica finanziaria internazionale conosce da tempo il contratto di "interest rate swap" (IRS), appartenente alla più ampia categoria dei contratti di "swap" (scambio), recepito dall'ordinamento italiano tra gli strumenti finanziari dell'art. 1 d.lgs 58 del '98 secondo una definizione che gli attribuisce autonomia funzionale dal punto di vista giuridico-economico.

Si tratta di un accordo, molto utilizzato nella prassi e la cui negoziazione avviene al di fuori dei mercati regolamentari (è infatti un derivato cosiddetto "OTC", cioè "over the counter"), mediante il quale due parti realizzano lo scambio tra due prestazioni pecuniarie, esigibili a determinate scadenze periodiche, calcolate applicando due diversi tassi di interesse (fisso e variabile) ad un capitale di riferimento , detto "valore nozionale".

Come chiarito anche dal CTU nominato nel presente giudizio, dott (…)nell'ampia e motivata relazione depositata il 5 settembre 2012, che per serietà d'impostazione scientifica merita di essere condivisa e interamente richiamata in questa sede, esistono strumenti derivati "di copertura" e "speculativi", caratterizzati, com'è intuitivo da scopi diversi e analogamente rispondenti a esigenze distinte.

Le operazioni concluse a scopo di copertura (cosiddetto "hedging") si propongono di neutralizzare le conseguenze negative di variazioni avverse, ovvero inattese, di variabili finanziarie come tassi di interesse, rapporti di cambio, corsi azionari. In buona sostanza, si utilizza un derivato con effetto opposto rispetto all'operazione che si vuole coprire (pag 11 della relazione peritale)

Come esemplificato dal medesimo CRT , ad esempio, attraverso un contratto di "interest rate swap" un'impresa con un indebitamento a tasso variabile a medio e lungo termine può cautelarsi contro il rischio di aumento dei tassi di interesse.

Infatti, ricorrendo allo "swap" l'acquirente paga un tasso fosso e riceve un tasso variabile sul capitale nozionale di stipula. Il differenziale a suo favore — naturalmente, se esistente — gli consente di neutralizzare quanto deve a tasso variabile sul proprio indebitamento. Si tutela perciò dal rischio di oscillazioni dei tassi, stabilendo subito quale tasso andrà a pagare per la durata del contratto di "swap".

Diversamente, nei contratti di derivati a finalità speculativa, l'operatore non agisce al fine di garantirsi la copertura di una posizione aperta, ma con lo scopo principale di ottenere profitti speculativi,  tendenzialmente sulla base delle proprie previsioni circa l'andamento di variabili finanziarie rilevanti.

A differenza dell'"hedging", nel quale i l rischio è preesistente e viene annullato dall'operazione di copertura, nel caso di posizioni di "trading" il rischio non esisteva e nasce con l'operazione stessa.

Nel caso di specie, pur avendo la stessa banca convenuta ammesso (pag 23 della comparsa di risposta) che la società (…), oggi fallita, che "le operazioni in derivati sono state poste in essere con finalità di copertura", in concreto è emerso soltanto che tale era l'esplicita finalità della cliente, tant'è che l'art. 16 del primo contratto è detto che "Il cliente dichiara che la presente operazione è disposta a fini di copertura...", mentre di fatto esso si è atteggiato in maniera del tutto diversa, non essendo strutturato in modo da consentire la copertura del debito per la quale il contratto era espressamente stipulato e neppure la verosimile percezione di utilità in capo alla cliente.

In proposito quanto affermato dal dott. (…) appare inequivocabile.

Egli ha dapprima descritto le caratteristiche dei quattro contratti stipulati dalle parti:
1) contratto IRS 102979 in data 8 novembre 2011, con previsione di un tasso d'interesse fisso del 4,57% a carico del cliente per tutti i cinque anni mentre a carico della banca era previsto il tasso — variabile - Euribor a tre mesi, con esclusione della facoltà di recesso anticipato ed espressa inapplicabilità della risoluzione per eccessiva onerosità di cui all'art. 1467 c.c. Contratto estinto consensualmente il 10 febbraio 2003, con costo di cancellazione calcolato dalla banca in euro 95.000 non addebitato direttamente alla cliente in quanto la banca ha proposto di sottoscrivere un secondo contratto;
2) contratto di interest rate swap denominato Purple Collar 151863 concluso il 10 febbraio 2003, che effettivamente estingueva il precedente rapporto in derivati, ma comportava un evidente peggioramento della posizione del cliente, a condizioni più complesse con riguardo ai tassi applicabili e aumento del nozionale a 2 milioni di euro, sempre con esclusione della facoltà di recesso anticipato e inapplicabilità al contratto della risoluzione per eccessiva onerosità. Anche in questo caso dopo tempo dopo (il 10 settembre 2003) le perdite subite dal cliente e la gravosità delle condizioni hanno condotto all'estinzione consensuale del contratto peraltro con un costo di estinzione di euro 115.000;
3) contratto IRS Purple Collar 171384 concluso il 9 settembre 2003 con scadenza finale 11 settembre 2008 a condizioni ulteriormente complesse, secondo le quali il cliente avrebbe potuto guadagnare solo se L’Euribor fosse salito oltre al 6,95% e con nozionale raddoppiato a 4 milioni di euro e medesime condizioni restrittive in materia di recesso e di risoluzione per eccessiva onerosità. Anche questa volta si produce una perdita per la società e il contratto viene estinto consensualmente in data 30 giugno 2004, con un costo di estinzione di euro 115.000;
4) contratto Fixed Rate range Accrual Swap Transaction concluso il 29 giugno 2004 addirittura con la filiale di Londra della banca e redatto in lingua inglese previo pagamento di un "up front" di euro 115.000  appunto corrispondente al costo d i estinzione non incassato dalla banca) e la previsione di un tasso fisso del 4,77% a carico del cliente e di un tasso variabile del 5% moltiplicato per un coefficiente indicato in maniera estremamente complessa. Inoltre l'art. 7 del contratto, diversamente dai precedenti, prevede casi in cui la banca ha facoltà di risolvere il contratto, mentre ulteriori articoli prevedono che il cliente debba rifondere alla banca non solo i costi sostenuti per la conclusione di operazioni effettuate, ma anche qualsiasi spesa di qualsiasi natura. I l contratto viene estinto consensualmente il 5 luglio 2006 e la banca comunica al cliente un costo di estinzione di euro 206 mila.

Le caratteristiche ora illustrate, grazie alle approfondite e convincenti argomentazioni del CTU inducono ad affermare in primo luogo che i contratti non possono essere ritenuti in concreto di copertura, ma piuttosto speculativi.

Il dott. (…) ha invero evidenziato (pag 12 della relazione) che tenuto conto delle caratteristiche dell'indebitamento della società attrice, come descritte nella comparsa di costituzione e risposta della banca convenuta, composto principalmente da anticipo fatture/autoliquidante, appare "molto complicato stabilire un nesso con lo strumento derivato prescelto" e che se forse il primo dei contratti potrebbe teoricamente assolvere finalità di copertura, tuttavia il suo "nozionale" non trova rispondenza nell'indebitamento di parte attrice.

IL CTU ha inoltre rilevato che i profili evolutivi dei tassi impliciti nelle condizioni contrattuali proposte alla cliente non erano affatto in linea con le aspettative degli operatori economici.

Infatti già con riguardo al primo contratto egli ha osservato che il tasso del 4,57% che la società attrice avrebbe dovuto pagare per tutta la durata del contratto (dal 2001 al 2006) era superiore alle previsioni macroeconomiche formulate dall'OECED (noto e autorevole istituto internazionale le cui previsioni sono diffuse e commentate dai quotidiani e dalla stampa specializzata): le previsioni pubblicate nel giugno 2001 (tale primo contratto è stato poi sottoscritto in novembre di quell'armo) evidenziavano un tasso del 4,4% e del 4,3% per il 2002 , mentre a dicembre del 2001 le aspettative sono state riviste verso il basso (dal 4,4% al 4,2% per il 2001 e dal 4,3% al 3% per il 2002, e per il 2003 si è previsto un tasso del 3,8%), divario tra tasso applicato e aspettative degli operatori economici che in seguito si è ulteriormente acuito (v. pag 14)

E' di tutta evidenza che tali discrepanze si ripercuotevano sul margine di possibilità, per l'odierna parte attrice, di procurarsi un "guadagno" attraverso le operazioni in questione, trattandosi di previsioni a tutto vantaggio per la banca.

Così stando le cose, appare innegabile la fondatezza della tesi dell'attrice, sia sotto il profilo del mancato assolvimento del contratto alla sua dichiarata funzione di copertura, sia all'eventuale stessa funzione speculativa, per mancanza di alea, essendo pressochè certo il maturale di perdite a danno del cliente e di guadagni a favore della banca

D'altra parte, se l'interesse dell'attrice era quello di munirsi di una copertura dal rischio di oscillazione dei tassi di interesse da corrispondere in relazione alla propria esposizione debitoria, la banca avrebbe dovuto prospettare uno strumento atto ad assicurare tale risultato con riferimento all'intera esposizione presa in considerazione o, diversamente, chiarire quali fossero stati i criteri di selezione dei debiti da prendere in esame al fine di calibrare il nozionale di riferimento.

Viceversa, come si è detto, la convenuta da un lato ha più volte ribadito come i contratti fossero stati delineati facendo richiamo non solo ai finanziamenti a medio lungo termine (come invece ritenuto logico e funzionalmente corretto da parte dell'attrice), ma anche agli affidamenti in conto corrente, dall'altro lato, tuttavia, non ha mai chiarito per quale ragione e secondo quale interesse del cliente il nozionale fosse stato quantificato nella misura convenuta, anziché in misura maggiore o minore.

Tale difetto di collegamento con la situazione specifica dell'attrice, in mancanza di adeguata ragione giustificatrice, attenua grandemente la funzione di copertura del prodotto, funzione invece pacificamente riconosciuta come causa concreta del contratto.

L'incongruenza tipologica e per nozionale aumenta poi se si considerano i successivi contratti di swap rispetto alle effettive esigenze dell'attrice: per quanto evidenziato dal CTU deve ritenersi che tali prodotti finanziari non rispondessero all'interesse dell'attrice, a prescindere da ogni ulteriore valutazione in ordine alla effettiva perseguibilità dell'obiettivo di copertura sulla base delle soglie dei tassi prese in considerazione al fine di orientare tra le parti i flussi di cassa.

E, allora, come giustamente si è osservato (Tribunale Orvieto, 12/04/2012, in Banca borsa tit. cred. 2012, 5, 700), deve affermarsi che la possibilità di ravvisare nello schema di base delle operazioni "interest rate swap" una causa in astratto - coincidente con lo scambio di flussi corrispondente al differenziale che, nel tempo di esecuzione del contratto, si determina tra due tassi di interessi differenti e predefiniti, applicati a un capitale nozionale di riferimento - non preclude di verificare, con riguardo al contratto intervenuto tra le parti e considerato nella sua specifica conformazione, l'esistenza di una causa in concreto.

Al riguardo questo stesso Tribunale di Ravenna ha aderito alla tesi della nullità del contratto aleatorio unilaterale, nel quale cioè ogni rischio ed alea del mercato è imposto ed addossato ad una sola delle parti, restando l'altra sovrana del rapporto ed al riparo da qualsiasi ipotesi sfavorevole derivante dallo stesso andamento dei medesimi indici di riferimento.

La giurisprudenza di merito ha infatti ritenuto non meritevoli di tutela uno schema negoziale atipico (nel caso di specie il derivato "My Way") " che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto a carico di una sola parte tutta l'alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento. In tale ipotesi, l'insanabile squilibrio iniziale tra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende l'intero contratto radicalmente nullo in quanto contrario alle previsioni degli arti 1322 – 1343 cod. civ . "(Tribunale Brindisi, sez. fallimentare, 08/07/2008, n. 489)

Infatti "Non è meritevole di tutela il contratto atipico nel quale l'alea sia posta esclusivamente a carico di uno solo dei contraenti e ciò in quanto l'ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto in capo ad una sola parte tutta l'alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento. L'insanabile squilibrio iniziale tra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende allora l'intero contratto -e non soltanto le singole clausole sopra indicate- radicalmente nullo, non solo per contrasto con gli art. 21 e ss. TUF, ma anche per sua contrarietà alla previsione di cui all'art. 1322 c.c, non essendo detto negozio volto a l la realizzazione d i interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico".

Va quindi dichiarata la nullità per assenza di causa concreta dell'operazione di investimento compiuta attraverso la sottoscrizione del contratto IRS 102979 sottoscritto dalle parti in data 8 novembre 2011 e dei conseguenti contratti a maggior ragione — per le ragioni sopra evidenziate e ben spiegate dal CTU viziati da squilibrio aleatorio, comunque considerato l'indiscusso collegamento negoziale esistente tra i tre contratti in derivati stipulati dalle parti, essendo pacificamente ciascuno la rinegoziazione del precedente.

Non può essere poi negato che la volontà negoziale confluita nella stipula nei contratti successivi al primo fosse stata di fatto "coartata" dall'intento di recuperare le perdite create dai precedenti contratti, le cui modalità di calcolo (e del conseguente "up front") oltretutto non sono mai state chiarite dalla banca nonostante le reiterate richieste del CTU.

Tale considerazione conduce all'altro profilo che ha caratterizzato le doglianze dell'attrice, vale a dire l'inadempimento della banca convenuta agli obblighi alla stessa discendenti dall'art. 21 TUF, così come concretatosi con la proposta relativo al primo e ai successivi contratti derivati.

Com'è noto l 'art. 2 1 T.U.F. disciplina con rigore la condotta dell'intermediario finanziario, imponendogli dettagliati doveri di diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati.

Al riguardo si è condivisibilmente affermato che "L'articolo 21 del TUF dispone che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati debbano comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio gli interessi dei clienti e per l'integrità dei mercati; l'interesse del cliente deve, quindi, sempre costituire il punto di riferimento dell'attività professionale espletata dall'intermediario finanziario e ciò anche quando il cliente abbia sottoscritto la dichiarazione autoreferenziale di operatore qualificato prevista dall'articolo 31 del reg. Consob.

I doveri di diligenza, correttezza, trasparenza e di informazione prescritti dall'articolo 21 del TUF nell'interesse dei clienti e della integrità dei mercati impongono all'intermediario il dovere di proporre strumenti finanziari adeguati alle esigenze che i l cliente abbia opportunamente manifestato e ciò anche nell'ipotesi in cui questi abbia sottoscritto la dichiarazione di operatore qualificato prevista dall'articolo 31 del reg. Consob.

In proposito, va precisato che la nozione di "adeguatezza" alle esigenze del cliente dello strumento proposto discende direttamente dagli obblighi prescritti dal citato articolo 21 del TUF e differisce dalla valutazione di adeguatezza dell'investimento rispetto al profilo di rischio dell'investitore prevista dall'art. 2 9 del reg. Consob.

In virtù del collegamento negoziale esistente tra più contratti in derivati finanziari ove i successivi costituiscono la rinegoziazione dei precedenti, si deve ritenere che l'inadempimento dell'intermediario ai doveri prescritti dall'articolo 21 del TUF si ripercuota sull'intero rapporto intercorso con il cliente. (Tribunale Milano, sez. VI, 23/03/2012, n. 3513, Redazione Giuffrè 2012).

E' ben vero, quindi, che l'art. 13 reg. Consob 2 luglio 1991 n. 5387 esclude l'applicabilità di alcune norme di protezione (di cui all'art. 6 1. n. 1 del 1991) nei confronti di determinati operatori qualificati, tra i quali "ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto nel contratto", non contrasta con la legge, atteso che, pur mancando un'espressa previsione della possibilità di tale esclusione, la disposizione risponde ad esigenze d i tutela differenziata degli investitori, presenti nell'intero sistema della stessa legge, e che hanno trovato espressa conferma la legislazione successiva (art. 6 d.1g. n. 58 del 1998 e art. 31 del regolamento Consob n. 11522 del 1998) (Cassazione civile, sez.I, r 26/05/2009, n. 12138).

Tuttavia, come pure si è detto, l’autocertificazione di essere operatore qualificato ai sensi dell'art. 31 reg. Consob, con tutta la diminuzione di garanzie che ne deriva, deve costituire il frutto di una serie di informazioni che la banca deve ricevere dal cliente e fornire allo stesso perché questi possa rendere una dichiarazione informata e quindi quanto più possibile aderente alla realtà. Pertanto, l'intermediario deve avvertire il cliente sul significato della dichiarazione, sulle conseguenze che ne derivano, nonché sulla tipologia e caratteristiche dello strumento finanziario in modo che quest'ultimo sia in grado di capire se e in quale misura le proprie competenze ed esperienze sussistano effettivamente.

Correlativamente, il cliente dovrà indicare all'intermediario di quali esperienze e competenze dispone, i n modo che l'intermediario stesso, che è soggetto professionalmente esperto, possa comprendere se la dichiarazione ricevuta rispecchi effettivamente, in relazione al caso concreto, la realtà (Tribunale Orvieto, 12/04/2012, in Banca borsa tit. cred. 2012, 5, 700)

Come pure si è precisato, tale dichiarazione rilasciata ai sensi dell'art. 31 reg. Consob n. 11522 del 1998 da parte del legale rappresentante di una società non può essere autoreferenziale ma deve essere attestativa di esperienze che devono poi, da parte della banca, essere ragionevolmente valutate al fine di accertare che tali esperienze siano effettivamente in grado di far comprendere alla società la natura dei contratti che si vanno a stipulare (Corte appello Trento, sez. II, 05/03/2009, n. 46, in Giur. merito 2009, 6, 1512; v. anche Corte appello Venezia, 16/07/2008 in Foro padano 2009, l, 84)

Ancora, La dichiarazione scritta di cui all'articolo 31 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, relativa alla specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, costituisce  esclusivamente un elemento probatorio e non già costitutivo in ordine al possesso della suddetta specifica competenza ed esperienza, elemento probatorio del quale il giudice può tener conto nell'assumere la propria decisione anche ai sensi dell'articolo 116 c.p.c., fermo restando la possibilità per l'investitore di provare, anche mediante testimoni, circostanze specifiche dalle quali desumere la mancanza dei requisiti in questione. (Corte d'Appello di Torino, 26 settembre 2011).

Ebbene nel caso di specie l'istruttoria espletata ha dimostrato come i legali rappresentanti dell'attrice, pur essendo commercianti esperti, non avessero un'esperienza veramente adeguata e consapevole con riguardo ai complessi strumenti finanziari in questione.
(…), impiegato alle dipendenze della società, ha dichiarato che i contratti di swap furono presentati come una forma assicurativa per tutelare l'azienda della (…)onde evitare costi superiori qualora i tassi di interesse fossero aumentati.

"Non ci fu prospettato alcun costo delle operazioni nel senso che non si parlò del fatto che la (…) avrebbe dovuto sostenere dei costi né la banca ci spiegò niente del meccanismo delle operazioni di swap... Io fui presente alla presentazione dei contratti da parte del dott. (…) il quale ci disse che all'azienda conveniva fare l'operazione come formula assicurativa di copertura dell'indebitamento finanziario a tasso variabile da cui era gravata...

L'azienda si fidava della banca perché lavorava con la (…) dall'inizio del 1990"

Il teste ha inoltre confermato che la banca era al corrente del fatto che i soci della (…) non avevano precedenti esperienze in strumenti finanziari, essendo stata la circostanza esposta fin dal primo incontro al dott. (…): il CM ha poi chiarito di come debba essere specifica l'esperienza del settore, per poter essere considerata tale, in considerazione della peculiarità degli strumenti derivati.

Lo stesso (…) precisò "ai signori (…) che neanch'io capivo nulla delle operazioni di swap che la banca ci proponeva e ciò alla presenza di (…)..".
"Noi ci allarmammo in quanto arrivavano delle rate di addebito da pagare trimestralmente e noi chiedemmo il motivo e come uscirne"
"Fu la banca che ci disse che non conveniva estinguere lo swap perché costava troppo e che quindi conveniva rinegoziarlo... Era la banca a preparare parametri del contratto..."

D'altra parte il dipendente della banca (…), succeduto al (…), ha confermato che effettivamente la società (…) si lamentò delle rate di addebito e la banca prospettò la possibilità di estinguere anticipatamente oppure fare una nuova operazione che inglobasse la perdita della precedente operazione. A quell'epoca c'era da pagare una cifra... consistente perché inglobava gli anni di durata del contratto" e, quanto all'esperienza della cliente, si è limitato a dichiarare di aver saputo che "aveva derivati con (…)".

A tale ultimo proposito è appena il caso di osservare che anche qualora la società avesse intrattenuto con altra banca (… appunto) rapporti simili a quelli oggi in esame, affidandosi cioè ad altro intermediario nella speranza, e con le rassicurazioni di poter risolvere la propria situazione debitoria, ciò non consentirebbe di per sé solo di considerare la (…) come soggetto qualificato ed esperto.

E' evidente del resto, che la società e i suoi legali rappresentanti, la cui effettiva esperienza del settore non è affatto risultata sussistente si affidarono completamente ai funzionari della banca, i quali prospettarono l'utilizzo dei contratti di swap come soluzione al crescente indebitamento: della totale inesperienza degli attori si trae conforto dalle inequivocabili considerazioni del CTU, il quale, come si è ricordato, dopo aver sottolineato che i contratti in questione sono da ritenerli certamente "speculativi" e non di copertura (contrariamente a quanto prospettato dalla banca, secondo le testimonianze) e che gli effetti di tali contratti sono difficilmente stimabili da parte di non addetti ai lavori (da soggetti, cioè che non operino abitualmente sui mercati finanziari: certo non risulta che i (…) fossero operatori di tal fatta) e con previsioni assai poco trasparenti con riguardo al costo di estinzione, che rappresenta uno degli elementi di valutazione più importante di questi contratti si è chiesto come mai il cliente abbia deciso di sottoscriverli (pag 13 della relazione).

L'inadempimento accertato in capo alla convenuta, pertanto, giustifica ulteriormente l'accoglimento della domanda attorea a prescindere, come si e detto, da una analisi della validità ed efficacia della dichiarazione autoreferenziale di operatore qualificato rilasciala dall'attrice e da questa contestata, per essere non rispondente alla propria reale situazione.

In accoglimento della domanda attorea, pertanto, la banca convenuta va condannata a restituire all'attrice il totale dei flussi finanziari prodotti dai contratti nulli, come elencati nel prospetto di cui al doc 6 di parte attrice, che trova riscontro nei docc 17 e 18 della medesima parte (documenti invero mai puntualmente contestati dalla convenuta, la quale si è limitata a lamentare l'erroneità dei conteggi)

Sommando i flussi finanziari addebitati e pagati e il costo di estinzione dell'ultimo interest rate swap (estinto in data 5 luglio 2006) quantificato in euro 206.000, come rilevato dal CTU (pag 11 della relazione) si ottiene l'importo di euro 305.471,64.

Trattandosi di debito restitutorio esso ha natura di debito di valuta e gli interessi, in misura legale, decorrono dalla domanda (12 ottobre 2009, data della notifica dell'atto di citazione).

Non può essere riconosciuto il maggior danno richiesto dall'attrice, essendo evidente che per la situazione gravemente debitoria dell'attrice essa non sarebbe stata in grado di investire le somme in questione, trattandosi semmai di verificare i n che modo i l possesso di tali somme avrebbe potuto contribuire alla copertura dei flussi debitori cui la (…) doveva far fronte in relazione a rapporti preesistenti (in particolare con riguardo ai contratti di leasing). Ma di ciò non è stata fornita prova.

Quanto al dipendente (…) la domanda non appare invece meritevole di accoglimento, essendo ovvio che egli ha agito nella sua qualità di dipendente della BANCA 8…), la quale risponde ai sensi dell'art. 2049 c.c. del suo operato, mentre non vi è prova del fatto che egli abbia di propria iniziativa e del tutto al di fuori delle indicazioni e direttive della propria datrice di lavoro, producendo così un danno alla cliente per esclusiva propria responsabilità.

In ogni caso si osserva che, essendo pacifico che egli si occupò esclusivamente della prima delle operazioni contrattuali oggetto di causa, egli non potrebbe comunque rispondere per l'intero.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, ai sensi del DM 10/2012 ora in vigore, mentre appare equa la compensazione delle spese di lite fra l'attrice e il convenuto (…).

Le spese di CTU vanno definitivamente poste a carico della BANCA (…) come liquidate in corso di causa.

P.Q.M

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

dichiara la nullità dei contratti di swap stipulati dalle parti e cioè il contratto IRS 102979 in data 8 novembre 2011,11 contratto di interest rate swap denominato Purple Collar 151863 concluso i l 10 febbraio 2003, il contratto IRS Purple Collar 171384 concluso il 9 settembre 2003 e il contratto Fixed Rate Range Accrual Swap Transaction concluso il 29 giugno 2004;

per l'effetto condanna la BANCA (…) a restituire al Fallimento (…) s.n.c., l'importo di euro euro 305.471,64, oltre agli interessi legali dal 12 ottobre 2009 al saldo;

respinge la domanda attorea nei confronti di (…);

condanna la (…) s.p.a. a rifondere al fallimento attore le spese di lite che liquida in complessivi euro 12.811,90, di cui euro 811,90 per spese ed euro 12.000,00 per compensi;

compensa le spese di lite fra parte attrice e il convenuto (…);

pone definitivamente a carico della BANCA (…) le spese di CTU come liquidate in corso di causa.

Ravenna, 4 giugno 2013
IL CANCELLIERE

IL GIUDICE
Dott.ssa
Antonella Allegra